lunedì 9 maggio 2011

Racconto #2: Tutte Morte

Attenzione, in questo racconto sono presenti linguaggio forte e situazioni oscene.
Vecchio racconto di molti anni fa...

TUTTE MORTE
di Marco Dominici



Con quel freddo erano tutte morte. Le zanzare. Un'ondata di freddo a fine Agosto si era portata via tutte le zanzare. Ora non erano più un problema.
Erano tutte morte.
E neanche il freddo era un problema. Il riscaldamento autonomo era un vantaggio. A casa mia c’era un bel caldo. Non mi è mai piaciuto il freddo, anche quando si porta via le zanzare.
La ragazza aveva conservato un bel po’ della sua antica bellezza. Doveva essere stata una molto sicura di se, forte della sua intelligenza e del suo fascino. Aveva delle movenze gentili e, da come parlava, si capiva che era istruita. Esplorava con gli occhi la mia casa. Non doveva piacerle molto, stando alla sua espressione. Non le piaceva il divano puzzolente e bucato su cui sedeva. Non le piaceva il pavimento ingombro di cicche, cartacce, spruzzi di sangue e rare e coraggiose blatte che ogni tanto lo attraversavano di corsa. Non le piacevano i muri spogli con l’intonaco che cadeva a pezzi. Ma alla fine non le importava.
Se ne stava seduta sul divano, totalmente indifferente a tutto, al freddo o al caldo, alle zanzare o a me. Indifferente a tutto tranne che al grammo che stavo pesando.
Un grammo di roba cattiva, robaccia da niente tagliata e ritagliata.
Mentre pesavo mi venne un’idea. Questo perché lei stava seduta con le gambe aperte e potevo vederle le mutandine rosse. Il rosso mi ha sempre fatto impazzire.
Davvero.
- Uhm... senti. Voglio essere onesto con te. Questa roba non è un granché. -
Lei non sembrò molto colpita e questo mi offese un po’.
- Ah si? -
Alzò la testa quel tanto che bastava per farmi vedere gli occhi attraverso i suoi ciuffi viola. Un gran colore anche quello. Il viola.
- Si beh, vedi, ne ho dell’altra che è una bomba, veramente, questa qui, al confronto, è merda. -
La tipa mi prestò più attenzione. L’argomento la interessava. Lo vedevo dai suoi occhi.
Non stava a ruota, era troppo tranquilla, quindi dovevo lavorarmela bene e con molta calma.
- Solo che costa un po’ di più. -
Anche questo non la stupì più di tanto.
-E quanto costa? -
- Il triplo. -
Si tirò su dritta di scatto. Mi fissò molto seriamente.
- Ma sei pazzo?! Senti amico, dammi il mio grammo che me ne devo andare. -
Io avevo capito bene quello che dovevo e volevo fare.
- Ascolta, facciamo così: Te ne faccio provare un po’, poi scegli. -
Lei si risistemò sul divano. Si tolse la giacca di pelle.
Io andai a prendere un po’ di quella buona. Ero sicuro che avrebbe lavorato bene la mia roba. L’avrebbe stupita come niente e nessuno avrebbe mai potuto fare.
Preparai una siringa, lo feci molto lentamente. Lei cominciava ad essere impaziente. Il caldo, la mia menata su quanto fosse buona, il fatto che fosse lì davanti a lei, la mia lentezza. Cominciò ad agitarsi. Muoveva le gambe come se seguissero un ritmo tutto loro. Si tormentava i capelli con le mani. Mi fissava.
- Ehi amico, qui fa veramente caldo. -
- Sì. -
Poi gli passai la siringa. Lei la prese con calma, cercando di trattenersi.
- E tu? Ne hai preparata solo una. -
- Io... – gli dissi - ...adesso non mi va. -
Lei mi guardò con sospetto. Ma non ci pensò molto, non doveva dividerla con me, e questo era l’importante.
Se la sparò nella vena. I suoi muscoli si tesero velocemente, poi si rilassò, si accasciò sul divano come un sacco di patate, i suoi occhi si socchiusero.
- Cazzo... ne voglio ancora. -
Io guardai tra le sue cosce. Quel rosso mi faceva impazzire.
Aspettai che si riprendesse un po’, godendomi lo spettacolo.
Quando fu di nuovo in grado di darmi retta le preparai la roba buona. Lei ne voleva di più, e non voleva la merda di prima, ma non aveva abbastanza soldi.
Questo era un problema che la sua mente fatta non sapeva come risolvere. Così decisi di darle un suggerimento.
Le misi una mano sul ginocchio.
- Ascolta, non c’è bisogno che paghi per forza con i soldi. -
La tipa non fece finta di non capire. Non le fregava niente. Non aveva importanza. L’importante era che poteva ottenere quello che voleva. Quello che voleva era una cosa sola. E non era tanto diversa da me.
La aiutai a spogliarsi.
Me la feci direttamente lì. La penetrai senza tanti complimenti, era ancora vergine. Diventammo una miscela di sudore, carne e sangue. Mentre la scopavo i capelli viola le danzavano sulla faccia. Lei emetteva dei gemiti ritmati con i miei colpi. Le strizzavo le tette e la penetravo a fondo. La sua pelle era fredda.
Alla fine le diedi un grammo e mezzo di roba buona.
Lei disse grazie e se ne andò barcollando.
- Non c’è di che, è stato un piacere aiutarti. -
Appresi della sua morte due giorni dopo, mentre leggevo il giornale seduto sulla tazza del cesso. Avevano messo su una foto che non doveva essere molto recente. Aveva i capelli più lunghi, del suo colore naturale, e un sorriso dolce.
E’ la prima volta che mi faccio una che poi il giorno dopo muore... pensai. Poi pensai che era già morta da prima, erano tutte morte quelle che passavano per casa mia.
Tutte morte, come le zanzare.